L’anno scorso una carissima amica indiana mi consigliò di leggere un libro scritto da un australiano che, dopo essere stato arrestato e condannato per rapina, dopo un periodo di prigione, dopo un’evasione che fa di lui un latitante, un giorno, dovendo fuggire da tutto e da tutti, si ritrova con visto e passaporto falso a Bombay. Il romanzo racconta la sua storia. Quando ho letto del suo arrivo all’aeroporto, delle sue sensazioni dell’odore che non sai bene come definire, delle sue emozioni, ho rivisto me dodici anni fa, durante il mio primo viaggio in India e ho rivisto me ogni volta che ci ritorno. Il libro si chiama ‘Shantaram’. Anche quest’anno ripercorrendo lo spoglio corridoio che dall’aereo mi portava nella zona dove vengono effettuate le pratiche d’immigrazione, ho sentito, come ogni volta mi capita, la stessa sensazione di felicità … la sensazione di essere di nuovo a casa.
Bombay, ventiduemilioni di abitanti ufficiali, milioni i privi di certificato di nascita, milioni i non registrati in nessun luogo. Bombay, il caos, la gente ovunque, l’incessante bip bip dei clacson delle automobili. Bombay…. la porta dell’India.
Arriviamo dopo un viaggio interminabile via Francoforte. Ad attenderci con corone di fiori due amiche sorridenti che ci aprono il cuore. “Namaste! Welcome back to India!!!!”. Nella notte percorriamo con una certa velocità le strade che di giorno sono intasate dal traffico. Arriviamo nella casa che ci ospiterà per qualche giorno e dopo una bella doccia, possiamo finalmente riposare mente e corpo.
Giorno dopo. “Se cerchi qualcosa… qualsiasi cosa… la puoi trovare a Crowford market” così dicono da queste parti. Ed è a Crowford Market che andiamo ad acquistare il materiale per i costumi. Chilometri di stoffe colorate ovunque, stoffe semplici e stoffe che brillano alla luce del sole. Ci sediamo, ci portano da bere, ci confrontiamo e si comincia. Lally (l’amica indiana , studentessa di economia che la sa lunga di matematica e di business) inizia l’esasperante contrattazione. E’ davvero brava! Siamo entusiasti di lei. E’ praticamente un computer che cammina. Passa un’eternità ma alla fine abbiamo quello che cercavamo.
Quello che in Italia concludi in trenta minuti qui lo fai in tre ore. Va bene così. Ceniamo alle dieci di sera a Colaba. Stanchi ma felici concludiamo così il nostro primo giorno in India.