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da destra: majd (palestina), gianni (italia), ingeborg (danimarca), pabli (italia), timira (india), diego e mirta (italia)
La sera siamo stati a Bethlehem con la amica palestinese di Paola. Majd ha 23 anni, vive tra Hebron, Betlemme e il mondo: ha studiato relazioni internazionali e lavora come coordinatrice degli scambi internazionali giovanili per IPYL, è spesso invitata a seminari internazionali in cui è chiamata a rappresentare la realtà palestinese. Per arrivare a Betlemme – sono circa 30 km – prendiamo un taxi bus da 7 persone. Il viaggio è lungo, il taxista guida come un pazzo, su e giu’ per le stradine, evitando donne e bambini, si ferma a prendere sua sorella, fa una deviazione per parlare con un suo collega e poi riparte. Durante il tragitto Majd ci mostra i campi profughi e i “settlements”, gli insediamenti dei coloni israeliani, le strade per palestinesi, le strade per soldati, le strade per israeliani, quelle dove i palestinesi possono passare in auto, ma non a piedi. A Betlemme andiamo in un centro culturale molto bello che si chiama ADAL che ospita volontari internazionali, ha un bar, una sala cine dove proiettano ogni sabato un film di informazione.
Mangiamo insieme in un locale che Majd chiama “my secret place”, dove si incontra spesso con amici e dove può connettersi liberamente a internet e fare il suo lavoro al pc. Si mangia si scherza, Diego e Majd finiscono per giocare a braccio di ferro in nome della libertà di mettere il ketchup sugli spaghetti alla bolognese. Majd è una delle poche ragazze che a Hebron porta i capelli sciolti senza il velo e alla mia domanda se abbia mai avuto problemi per questo, mi bacchetta. “No, che problemi dovrei avere!? Il copricapo è una scelta, nessuno è obbligato, le donne scelgono di coprirsi. E voi stranieri dovreste smetterla di arrivare qui e voler cambiare la nostra cultura. IL copricapo non è un problema per le donne della Palestina. L’occupazione è un problema, le strade chiuse. L’acqua è un problema.”
Poi Majd guarda Diego e gli dice “scusa, mi daresti metà dei tuoi occhiali che mi servono?” e al suo no, “beh, allora me li prendo interi”. Questo è quello che è successo con la nostra terra dice Majd. E la discussione prosegue parlando delle grandi religioni monoteistiche e di come la parola “terrorismo” venga erroneamente collegata a islam. “Perchè quando capi di stato di paesi di cultura cattolica o ebraica, utilizzano la religione per sostenere le loro aggressioni “terroristiche” non si dice allo stesso modo che il cristianesimo e l’ebraismo sono terrorismo? Come è possibile che il papa, con il suo ruolo, abbia potuto esprimersi categoricamente e senza rispetto sull’islam? L’islam rispetta tutti i profeti e mai si esprimerebbe con disprezzo verso Gesù, come possono gli europei prendere in giro Maometto?
Ce l’eravamo dimenticata quella delle vignette delle magliette…ma qui non se la dimenticano e mi sa che la conoscono la nostra storia, meglio sicuramente di quanto noi conosciamo la loro.
Majd e Ingebolt rimangono a Betlemme dove hanno un appartamento insieme ad una ragazza italiana, noi torniamo in taxi. Le strade sono buie, le luci che si vedono sono gli insediamenti, arriviamo all’entrata per Hebron. La strada è sbarrata. ? c’è un’altra strada ci dice il taxista, sono 8 km in più. Perché è chiusa? A volte i soldati la chiudono.