A Chimbel (lo slum più grande di Goa), oggi si festeggia la giornata del ”Bakri Eid ”, la seconda festa più importante dell’anno per la gente di fede musulmana, festività che ricorda la richiesta di Dio ad Abramo di sacrificare suo figlio Ismaele, sacrificio che verrà eseguito uccidendo un montone al posto suo.
L’85% dei 14000 abitanti di Chimbel è di fede musulmana. E’ evidente quindi, lo stato di eccitazione che si respira nelle strade.
La giornata inizia all’alba con il sacrificio di alcuni animali (vitelli capre agnelli e pecore).
Segue una cerimonia di diverse ore nella moschea, dove gli uomini si riversano in preghiera.
Tutti indossano i loro abiti migliori: le donne e le bambine adornate con fiori profumati nei loro capelli corvini, sfoggiano sari o kurta bellissimi e coloratissimi. Bracciali d’oro, collane e orecchini, risaltano la bellezza dei loro volti.
Gli uomini vestono camicioni lunghi e rigorosamente bianchi, abbelliti da ricami e il classico copricapo islamico.
Diversi ragazzi del corso di fotografia ci hanno invitato nelle loro per festeggiare assieme questo giorno speciale.
Arriviamo a Chimbel e, come sempre, i bambini giocosi sulle strade ci accolgono con un caloroso “CIAO CIAO”!
E’ mezzogiorno, il primo appuntamento è a casa dei fratelli Abzal e Sarfaraz. La madre dei ragazzi ci aspetta davanti a casa. La salutiamo regalandole una foto scattatale qualche giorno fa, che è subito oggetto di ammirazione da parte di tutti i familiari compresi nonno, zio e tanti piccoli nipoti e cugini.
Ci vengono assegnati i posti più ambiti all’interno della stanza, che pullula di occhi curiosi e lucenti. Rimaniamo diverso tempo, assaggiando il famoso dolce del “Bakri Eid”, una minestrina di latte, crema, noci e spaghetti trasparenti di riso (praticamente un pasto).
Più tardi, tra i vicoletti di Chimbel e sotto un sole cocente, raggiungiamo a piedi la casa di Fayaz. Con lui abitano, oltre la famiglia, la nonna, una sorella del padre, suo marito e la figlia.
Non facciamo neanche in tempo a salutarli, che ci troviamo già tutti a “tavola”.
La “tavola” è una tovaglia di velo alto, di colore rosso e nero, stesa a terra, imbandita di vassoi pieni di riso pulav, lenticchie e verdure cotte.
Il pranzo è una delizia ma, sapendo quello che ci aspetta qui a Chimbel, non esageriamo nelle dosi. Ci congediamo, non prima di aver mangiato altro dolce.
All’esterno ci aspetta, impaziente e sudato, Amjad, un altro ragazzino del corso di fotografia, che ci guida sorridente e fiero verso la sua minuscola dimora: una stanza di 5 mq e un retrostanza di altri 4 mq in cui vivono due adulti e quattro bambini.
Salima, la mamma di Amjad, donna dai gesti amorevoli e alquanto energici, ci saluta con una forte stretta di mano e ci fa accomodare su delle stuoie a terra. Manda il figlio a comprare soft drink coloratissimi nella bottega del villaggio e nel frattempo di serve la seconda razione di riso e dal.
Le visite proseguono fino a sera e, tra una casa e l’altra, ci scorrono davanti agli occhi le variopinte scene di strada di Chimbel. Le vie, appena il sole diventa più clemente, si riempiono di bambini urlanti, donne impegnate a intrecciarsi capelli o a lavare panni e stoviglie, uomini intenti in conversazioni di gruppo, qualche mucca sonnolenta, cani, galline e chi più ne ha, più ne metta!!
Lasciamo lo slum alle otto di sera, dopo il lungo rituale del Mehindi, un tatuaggio temporaneo eseguito con hennè rosso, sulle nostre mani.
La statistica di pasti ingeriti alle ore 20.00 sarà la seguente: sette dolci del “Bakri Eid”, tre pranzi completi a base di riso, lenticchie e verdure più un numero imprecisato di soft drinks.
Altre immagini relative alla parata di Panaji "Prevention of Child Abuse" sono visualizzabili al link: http://www.flickr.com/photos/laboratoryofsmiles/