Progetto India 2008

Teatro per Caso presenta
“Officina del sorriso” 2008”
Tournée teatrale nello stato di Goa – India – con un gruppo di ragazzi di strada
con il sostegno del Servizio Emigrazione e Solidarietà Internazionale

della Provincia Autonoma di Trento

e la collaborazione di

Cooperativa Ephedra

Associazione Mercurio

di Riva del Garda

L’Associazione Teatro per Caso intende realizzare nel mese di novembre 2008 un progetto teatrale di volontariato rivolto ai ragazzi di strada e degli slums in India. Il progetto corrente è la prosecuzione dell’iniziative avviate dall’Associazione Teatro per Caso nel 2006 e 2007 rivolte ai ragazzi/ragazze ospiti dei centri di accoglienza dell’organizzazione umanitaria El Shaddai Street Child Rescue dello Stato di Goa. Nello specifico, il progetto attuale è rivolto ad un gruppo di trenta nuovi ragazzi dei centri El Shaddai Street Child Rescue per la realizzazione di uno spettacolo teatrale e l’organizzazione di una tournée indiana nello Stato di Goa

L’attività legata al 2008 si articola in laboratori attoriali, di circo, di costruzione di materiali, di pittura,finalizzati alla realizzazione di uno spettacolo itinerante.
Gli obiettivi da raggiungere sono i seguenti:

  • formare un team di ragazzi da allenare e perfezionare dal punto di vista teatrale
  • realizzare uno spettacolo di teatro di strada, con acrobatica, circo, trampoli, oggettistica e costumi creati autonomamente
  • realizzare, tramite dei laboratori di pittura indirizzati ai ragazzi, le scenografie dello spettacolo
  • rappresentare tre repliche dello spettacolo all’interno dello Stato di Goa

Continua inoltre la collaborazione che l’Associazione Teatro per Caso ha avviato con alcuni referenti indiani per il supporto tecnico e logistico e tutti gli aspetti legati alla realizzazione di una tournée teatrale con i ragazzi ospitati nei centri El Shaddai Street Child Rescue.
Siamo consapevoli del fatto che una tale iniziativa potrebbe rappresentare un’opportunità di crescita e di consapevolezza ed un’esperienza indimenticabile per questi ragazzi. Attraverso l’arte del teatro si fornirebbero concreti strumenti per la vita ed inoltre:

  • una possibilità di svago creativo e responsabile
  • l’apprendimento di un’arte con effetti terapeutici, sia a livello individuale che collettivo
  • la conoscenza del proprio territorio e di una realtà artistica ed associativa italiana
  • la conoscenza e la promozione delle attività legate a progetti di solidarietà come quelli organizzati da El Shaddai

campo profughi Al Aroub e monastero di Mar Saba

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Oggi era il nostro giorno “libero” nel senso che non eravamo impegnati nei laboratori al club.

Paola è andata dal dentista, poverina (!), e nonostante il dentista sembrasse una persona affidabile, ha deciso che forse era meglio occuparsi più approfonditamente del dente del giudizio, una volta tornata in Italia. Antibiotici, antidolorifici e via!


   

E’stata una giornata molto intensa, con immagini ed emozioni forti ed estremamente diverse tra loro. Abbiamo visitato il campo profughi di Al Aroub, a sud di Hebron. Un ammasso di case, stradine strette, negozietti, e bambini, tanti bambini, curiosi curiosi. Anche gli adulti in realtà non sembravano ricevere spesso visite, ci hanno salutato e ci hanno accompagnato dal “capo villaggio”, all’ufficio dell’ONU. C’era un cartello molto chiaro che indicava “niente armi” in questa zona con i muri e le ringhiere “azzurro UN”. Il referente dell’ONU, un palestinese di circa 45 anni, nato e cresciuto al campo ci ha spiegato che  circa 8 mila persone vivono su questo terreno di 1 km quadrato. Sono le famiglie  che dopo il 1948 hanno lasciato la loro casa e le loro terre perché dichiarate parte del nuovo stato di Israele. Negli anni hanno trasformate le tende in baracche e le baracche il case.  Non hanno i soldi per comprarsi un terreno da altre parti, o una casa in una città e quindi vivono qui in questo villaggio “obbligato” in zona B – C, il che significa che è territorio palestinese, ma sotto controllo israeliano e in parole povere quasi ogni notte i soldati israeliani fanno incursioni nei campi e spesso portano in carcere qualche ragazzino che durante il giorno avrebbe tirato loro i sassi. I campi profughi sono spesso presi di mira dai soldati, sono una terra di nessuno, di persone senza terra e senza protezione. E le Nazioni Unite. La stessa domanda facciamo noi. L’Onu offre alcuni servizi: scuola, ospedale, pulizia delle strade, – ci risponde il referente, ma altri diritti rimangono sulla carta.

Si aprono di nuovo molte domande nelle nostre testoline e si mostra la complessità di questa terra divisa.


 


Nelle stradine i bambini ci rincorrono. Gli adulti ci salutano, qualcuno ci invita a bere una thè e abbiamo la fortuna di entrare nella casa di F., una ragazza di 20 anni che studia geologia a Hebron, sono sette figli, i genitori sono nati a Al Aroub. La casa è piccola, pulita e le persone si trattano con una delicatezza e gentilezza che rivolgono anche a noi.


 


Usciamo dalla casa e usciamo dal campo. Proseguiamo verso Betlemme, dove incontraimo anche Majd e Ingeborg. Proseguiamo verso il monastero di Mar Saba e questo breve viaggio è una magia. Una sorta di deserto sassoso dai colori pastello ci appare oltre le case, due galline,  un  asino bianco, in fondo il Mar Morto.

Siamo stanchissimi adesso e “domani è un altro giorno”.

Breve anteprima: domani portiamo il gruppo di fotografia a Betlemme. Sabato le attività si spostano alla Old Town con giochi e foto. Domenica sera è prevista pasta al ragù al club, lunedì grande exposition dei lavori fotografici e corse motociclistiche. Martedì Diego e Gianni ripartono per l’Italia!


 

Vi segnaliamo questo articolo “Storie di bambini nel Campo Profughi di Al Aroub”
http://www.antennedipace.org/antennedipace/articoli/art_1036.html

Uscita fotografica

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Siamo rientrate a Hebron giuste giuste per l’appuntamento con i ragazzi del club. Oggi si esce a scattare foto, qualcuno le scatterà a casa, gli altri si dividono in tre gruppi e attraversano la città, fino alla città vecchia. E’ stato chiesto ai ragazzi di raccontare la loro città, la loro terra, approfondendo alcuni temi: le donne, gli uomini, la libertà. Ognuno poi ha sviluppato delle idee più specifiche: donne che lavorano, in ufficio, nell’artigianato, la zia  che ricama, la mamma che si occupa dei bambini, uomini che lavorano, che riposano, che vendono, che fumano l’argilè, e avanti così. Siamo tutti curiosi di vedere i loro scatti.