Compleanno al centro

 

Oggi, al centro Rainbow, scenetta commovente. Mentre Erica e io ce ne stiamo andando una canzoncina ci accoglie nell’atrio. Un gruppo di cinque bambine e bambini sta per essere festeggiato: è il loro compleanno!

Una piccola torta serve per la posa della foto. Uno alla volta i bambini si posizionano con coltello in mano dietro alla torta, col loro regalino appeso al braccio e via, sotto un altro.

Gli altri, chiusi attorno a semicerchio, intonano canzoni d’auguri. Grandi e piccoli condividono questa semplice gioia.

Cinque di loro, tutti nati oggi? Immaginiamo che si tratti di una data scelta a caso, forse quella del loro arrivo in questo centro.

La più piccola tra tutti è una bimba di quattro anni, col costumino colorato, la nostra deliziosa Biancaneve.

La luce arancione annuncia il tramonto, cala la sera, la luna appare coricata in cielo nel suo splendore femmineo; tacciono i rumori, mentre gli uccelli lanciano le ultime grida.

L’aria è satura di umidità e solo la brezza dei ventilatori automatici ci salva da un "bagno indiano" più che turco. L’odore di rancido è impregnato ovunque, ma in compenso favorisce lo sviluppo straordinario della vegetazione.

Facciamo due docce al giorno e laviamo i nostri pochi vestiti continuamente. Il sudore si appiccica addosso e con esso la polvere che raccogliamo per strada. Ogni movimento costa fatica, figuriamoci un laboratorio teatrale con quest’umidità. Ma niente spaventa il gruppo: la voglia di lavorare è tanta e la serietà non manca: in questo siamo dei perfetti trentini.

 

Acrobazie

 

   

In sala prove si fa acrobatica. Ragazzi e ragazze entusiasti si lanciano in capriole, spaccate frontali, flic-flac e salti mortali all’indietro. All’esterno i piu’ piccoli si esercitano in lezioni di circo con le palline e i fazzoletti di tulle variopinti. L’energia e’ molto alta. Erica li incita a gran voce e al ritmo della musica circense assistiamo a strepitose anticipazioni del grande spettacolo di strada, che si preannuncia sempre piu’ appassionante e colorato.

Sulla strada, all’incrocio del mercato del pesce di Mapusa, l’eccitazione e’ anche al massimo. Un nugolo di bambini aspetta l’arrivo della ‘manna’. Non sto scherzando. La manna e’ il cibo quotidiano ’su ruote’ che gli operatori dei centri El Shaddai distribuiscono ai bambini senza casa.

Nel pacchetto riso, lenticchie e verdure miste al curry per un costo di 7 rupie (circa 10-15 centesimi), spese sostenute naturalmente dall’organizzazione. Nel limite del possibile si fanno due file ordinate, maschi e femmine, che aspettano ansiosi e urlanti.

L’arrivo del cibo e’ quotidiano, non si salta un giorno. Alcuni bambini sono ammalati, gli occhi irritati e pieni di muco. Dormono per strada o sotto tende improvvisate, fatte di plastica blu e teli recuperati dalle immondizie, con la propria famiglia. Vengono al mercato ogni giorno ad aspettare il cibo. Vestiti di panni di fortuna, sporchi, hanno il piglio di adulti. Toccano tutto, hanno visto la camera, ed e’ quasi impossibile filmare. Si spingono, aggressivi, vivono in branco dove il piu’ forte detta le regole.

I distributori di cibo arrivano in scooter, smontano le porzioni in vaschette preparate presso ciascun centro El Shaddai e le consegnano a circa quattro-cinquecento ragazzi in tutto lo Stato e anche a Bombay.

La ressa dura pochi minuti. Dopodiche’ i bambini se ne vanno, felici, alcuni ti stringono la mano, altri sono in lacrime. Ma a tutti e’ assicurato il pasto.

Tornano sulla strada, per le vie del mercato, a guadagnare 20-30 rupie al giorno, portando le buste delle signore, i pacchi piu’ pesanti degli acquisti. Mezzo Euro al giorno la loro entrata.

I ragazzi-acrobati in sala prove hanno piu’ o meno la medesima storia dei bambini di Mapusa.

Nascono tra gli Intoccabili, la casta degli ultimi. Per lo Stato non esistono. Quando entrano nei centri El Shaddai, recuperati dalla strada, a ciascuno viene dato un certificato di nascita. E per ognuno di loro viene avviata una pratica legale di tutela e affidamento.

Altri ragazzi vivono con le proprie famiglie, e questo si incoraggia, racconta Anita Edgar, fondatrice dell’organizzazione di recupero dei minori assieme a Matthew Kurian, e si paga loro l’educazione fino al College, che e’ fondamentale per donare una possibilita’ di cambiare la loro esistenza.

I ragazzi hanno dietro di se’ vicende di violenze, di abusi e una vita di stenti.

Oggi al mercato di Mapusa ce n’erano solo trenta o quaranta, ma di solito durante l’alta stagione ce ne sono almeno un centinaio o addirittura il doppio. Vengono dal Karnataka, lo Stato a sud di Goa. Bambini e madri mendicano lungo le bianche strisce di sabbia oppure vendono noccioline e souvenir di poco conto alle centinaia di turisti, ignari forse della loro condizione. Ma e’ talmente visibile.

  

Primi passi

 

Il giorno fugge rapido dietro le faccende del teatro. Un solo pasto al giorno, alla sera. Poi a letto presto, sfatti, ognuno occupato nel suo piccolo mondo.

Ripenso alla stretta di mano di un bambino oggi pomeriggio. In sala prove stava imparando ad usare i trampoli. Era insicuro, come tutti all’inizio, ma determinato. I suoi occhi grintosi e scuri luccicavano dalla smania di riuscire a camminare.

"Trova il tuo equilibrio, senti le tue nuove gambe, sei come un neonato e stai imparando daccapo". Frasi di questo tipo mi ronzavano nella testa. Sussurrate piano, finché il ragazzino trovava la propria confidenza. In mezzo a tanti altri sgambettanti ed eccitati, aiutati da noi e dalle volontarie tutte con la medesima pazienza.

Le braccia tese, le sue mani nelle mie, era una sensazione nuova per entrambi.

L’ho poi perso di vista, occupandomi di altri ragazzi. L’ho rintracciato tra le braccia di Erica, caduto da una vetta, e tra quelle di Paola e Barbara.

Al termine delle tre ore di laboratorio è tornato vittorioso, soddisfatto della sua piccola grande impresa. È come se avessi imparato a camminare un po’ anch’io. Sono dei brevi istanti di gioia.

E che dire della prima ragazza trampoliera? Dovreste vedere con quale sicurezza attraversa a grandi falcate la sala!!

 

A Goa stanno arrivando i turisti. I ristoranti e i pub si riempiono e scompaiono sempre più indiani. Si percepiscono forti contrasti, come sulla spiaggia, in un paio d’ore di relax che ci siamo concesse, grazie al ritorno del sole.

I turisti, più o meno sballati, stanno rovesciati nei bar o sulla sabbia. Di fronte a loro fluisce continuamente il via vai dei portatori di mattoni, issati sulla testa con un cencio per proteggersi. Sono soprattutto donne e bambini. Instancabili lavoratrici sciamano colorate, mentre la risacca del mare accompagna i pensieri fugaci di chi semplicemente attende lo scorrere del tempo.

work in progress

 

Ho noleggiato una vecchia Enfield Bullet 350 nera in metallo cromato. Ragazzi, mi sento una signora con il suo piccolo sogno: girare una parte di India in moto. Il suo rombo e’ qualcosa di bello. Mi elettrizza. Cambio a destra, prima in su. Freno a sinistra, sellino comodissimo. Velocità? Vado piano! Ecco cosi’, pochi minuti al giorno, poi tra i bambini.

Mi sembra tutto un sogno, ma la concretezza dei bambini ti tira giù in terra. E mi ricordano perché sono venuta qui. A volte guardo le risaie, i panni stesi all’aria, e non vedo l’ora di arrivare da loro. Una scimmia mi ha attraversato la strada proprio davanti alla Enfield!

Quando non aiuto le ragazze, continuo a riprendere, ho cominciato a fare il primo video, scatto foto, scrivo. Come sono belli questi bambini, tutti piccoli con delle finestre tra i denti, occhi vispi, marroni scuro o chiarissimi verdi. Ti danno la manina ti portano in giro ti chiedono il nome ti dicono il loro e ripetono il tuo nome che hanno già’ imparato. Forse non hanno capito bene che ci facciamo lì, ma vedono una grande attività e tra poco, saranno loro i protagonisti.

È iniziata la preparazione dello spettacolo che ha per titolo "Fantasia!". Cinquanta bambini alla volta, per un totale di duecento, lavorano nel pomeriggio con Erica.

Dopo il meeting col coordinatore dei centri El Shaddai, Mario, una persona aperta e molto disponibile, ci sono state assegnate due tutors per seguire i corsi. Accanto a loro, anche quattro volontarie.

Suresh, un bimbetto di sei anni, aprirà la parata vestito da mago, col suo frac di lustrini gialli. Ha imparato il trucco con Barbara, accendendo e spegnendo la lucetta della macchina da cucire con la sola forza del pensiero e una piccola rotazione delle mani…POF!!!

È bello essere qui e dare una mano come si può. Ripaga molto l’amore, l’eccitazione, di tutti questi bambini che, ci auguriamo, possano serbare qualcosa della esperienza fatta insieme.

Alcuni imparano a cucire, altri a usare un trapano e un cacciavite, altre ragazze sono già sveglie e riparano i vestiti per sé.

I più piccoli guardano. I medi partecipano ai laboratori. Alcuni sono bloccatissimi. Altri sono cosi’ bravi, ma così bravi che stento ad immaginare la loro situazione di prima, tanto simile probabilmente a quei bambini visti oggi per le strade di Panjim vestiti di stracci, in mezzo al pattume a raccogliere il minimo da vendere, il minimo da mangiare. Accattoni insomma.

Ho nel cuore il desiderio di stare ancora un po’ per osservare come andrà a finire e la più grande speranza sta nel fatto che da grandi questi bambini si ricordino almeno qualche lampo di teatro, una fiaba interpretata, un ritorno alla strada con le arti del circo e il colore dei costumi, e il calore della fantasia.

 

workshop

 

Si e’ concluso il laboratorio teatrale propedeutico alla creazione dello spettacolo di fine ottobre. Il primo gruppo di 25 ragazzi ci ha regalato soddisfazione ed emozioni profonde nell’interpretazione della storia dell’Eroe che torna a casa.

Dopo mille difficolta’, svogliatezza e indisciplina, i ragazzi hanno dimostrato di essere sveglissimi e di avere imparato i vari ruoli con una facilita’ impressionante.

Erano presenti anche due volontarie dell’Australia e della Scozia.  Vi assicuro che non riuscivano a mantenere lo sguardo sulla schiera di Eroi finalmente di fronte a casa, fieramente rivolti alla propria Itaca, sostenuti dalla musica che donava a tutti l’energia catartica di una riuscita finale.

Incredibile. Il secondo gruppo di altri 25 ragazzi, che nei giorni scorsi ci aveva dato seri problemi, oggi si e’ comportato in un modo esemplare. La soddisfazione nel vederli cosi’ coinvolti ci riempie di gioia. Ma la vera sorpresa sono state le ragazze. Sempre riunite in gruppo simbiotico, difficilmente si lasciano andare. Oggi pero’ si sono ammorbidite e tutte loro, insieme ai ragazzi, ci hanno emozionato profondamente fino alla commozione.

Non appena si impegnano un poco trasmettono un’energia cosi’ forte, che nei loro occhi e nelle loro espressioni si puo’ leggere la voglia di esserci, il diritto alla vita ed a una vita serena, ed altre emozioni e sentimenti cosi’ intensi da travolgere, con la loro semplicita’ di bimbi, qualsiasi barriera.

Il linguaggio del teatro, che e’ il linguaggio della vita, e’ universale. E il Mito, utilizzato per lavorare con loro, e’ in fondo la storia di ognuno di noi, irta di ostacoli, di passione, di gioia e tristezza, di sofferenza e felicita’.

Queste e altre sfumature indescrivibili riverberano in noi e non possiamo che considerarci fortunati di essere qui.

Grazie ragazzi!