Armenia, finalmente. La meta finale del nostro viaggio. Ci appare in una giornata inizialmente nebbiosa. I colori della sua terra aspra ed affascinante si rivelano a poco a poco. Terra antica, millenaria. Greggi isolate nelle distese dell’altopiano, pastori a cavallo, cani che ci seguono con lo sguardo, stormi danzanti di uccelli migratori.
C’e’ ancora un senso di scoperta in noi, non pensiamo al ritorno, ma a raggiungere Gyumri, una citta’ dell’Armenia nordoccidentale, ad altitudine 1.500 m. La citta’, duramente colpita dal terremoto del 1988 e’ famosa per aver dato i natali al maestro spirituale Georges Ivanovič Gurdjieff.
Qui siamo ospiti del Dott. Antonio Montalto, Console onorario d’Armenia e fondatore della Fondazione Family Care, presso Villa Kars. “…Tra i progetti più ambiziosi della fondazione Family Care la promozione turistica, dedicata alla relazione integrata, proprio perchè Antonio Montalto crede che anche attraverso il turismo si possa instaurare un nuovo dialogo tra Armenia e Turchia, unite da una comune cultura ma divisi dai residui di odio dal genocidio.”
Grazie alla Fondazione Family Care e anche all’aiuto del Dott. Pietro Kuciukian, scrittore e giornalista, entriamo in contatto con Madre Arussiag, che dirige l’Istituto Our Lady of Armenia Boghossian Education Centre. Il centro e’ una istituzione socio-educativa che si occupa di sfamare e sostenere gli orfani e i bambini svantaggiati.
E’ qui che si svolge il nostro ultimo spettacolo, all’interno di un bellissimo teatro. Grazie anche alla collaborazione di Anahit, giovane professoressa di inglese e spagnolo impiegata presso la Fondazione Family Care, presentiamo al pubblico di Gyumri “The trip”, portando una nota di colore nell’ormai freddo altopiano armeno.
Ma e’ a Yerevan dove davvero concludiamo il nostro viaggio: sulla Komitas Avenue, nell’ex Hotel Praha-Arabkir. L’edificio ospita numerose famiglie di profughi armeni, provenienti dal Nagorno Karabagh, regione contesa da armeni ed azeri nella guerra degli anni Novanta, e di sfollati di Baku in Azerbaijan. Vivono in piccole stanze singole, spesso con un solo letto e un divano accanto alla cucina.
Il mio contatto e’ Manushak, una donna armena che, dopo una parentesi di sette anni a Mosca, e’ tornata all’albergo-casa di Yerevan con in suoi due bambini per trascorrervi l’inverno.
Improvvisiamo una festicciola con canti e danze, nell’umanita’ di questi piccoli spazi, dove l’ospitalita’ e’ un valore primario.
Siamo visibilmente commossi e quasi increduli, perche’ sembra che qui si incarni l’essenza del nostro messaggio: viaggiamo attraverso i paesaggi, le persone e l’arte; l’arte e’ relazione, valica i confini, avvicina i cuori.