Sveglia alle 6.30 con abbondante colazione all’Hotel Terzioğlu di Hopa, subito prima del confine fra Turchia e Georgia. È il quinto giorno in cui viaggiamo dalla mattina alla sera per raggiungere la nostra prossima tappa, Tbilisi. Pesanti nubi e una leggera pioggerellina ci accompagnano fino in frontiera, ma all’improvviso sbuca l’arcobaleno, che si rivela di ottimo auspicio. Infatti passiamo le due dogane senza quasi rallentare. Ci basta la parola magica “Turist Turist” e un bel sorriso sulle labbra… e il funzionario doganale, dopo qualche domanda di rito, ci apre la sbarra salutandoci con un simpatico ”Welcome to Georgia”. Ancora increduli dalla facilità di questo passaggio, decidiamo di festeggiare il momento, in mancanza di una bottiglia di spumante, con un tuffo nel Mar Nero.
Dobbiamo raggiungere Tbilisi, a 408 km. Prendiamo la E6, che non assomiglia per niente alla superstrada a tre corsie della Turchia. È una semplice carreggiata piena di piccole curve e grandi buche, ma ci permette di ammirare il magnifico paesaggio georgiano che si alterna in una vasta distesa di vegetazione collinare mediterranea ancora rigogliosamente verde. Ci sono pure le mucche che pascolano lungo le strade e questo ci ricorda l’India, in cui è nato il progetto “Officina del Sorriso”, ivi realizzato per cinque autunni consecutivi a partire dal 2006. Attraversando diverse città, ci impressionano gli enormi palazzi dell’architettura sovietica, oggi in uno stato trasandato e pericolante e le vecchie fabbriche abbandonate, le cui immense ciminiere si stagliano come soldati dritti verso il cielo.
Appena fuori dai centri abitati il paesaggio cambia e i palazzi si trasformano in casette di legno e lamiera con un pezzo di terra davanti e alcuni alberi da frutta, il cancello in ferro, qualche bella finestra, circondate dai canali di scolo, immerse in un clima straordinariamente mite ed accogliente, tra aranci, banani, eucalipti secolari avvitati dal vento, in una terra ricca di fiumi, ricca di acque. Questo idillio agreste dura per qualche decina di chilometri, quando ancora c’è il tempo di incrociare ai bordi delle strade mucche, vitellini, galline, cani, oche, maiali e diversa umanità… bancarelle improvvisate gestite dalle famigliole offrono mandarini, zucche, cachi, miele e melograni.
Arriviamo finalmente a Tbilisi, sono le 21. Pure senza navigatore, Stefano ci porta dritti dritti al luogo di incontro con Manana (responsabile del Centro Culturale Italiano) che ci accompagna al nostro appartamento in centro città. In lontananza scoppiano fuochi d’artificio, che sorpresa, è come se qualcuno avesse saputo del nostro arrivo in città.
È il 31 ottobre, e nel ristorante uzbeko sotto casa stanno festeggiando Hallowen con un party in costume. Nasce spontanea l’idea di offrire una performance in cambio della cena, e così ci esibiamo sorpresi e felici davanti a centurioni, pirati, dame e cavalieri increduli. Degna conclusione di una giornata intensa e indimenticabile, avvolti nel festoso abbraccio caucasico.Per finire tè alla menta e narghilè dal dolce sapore di mela.
Non potevamo sognarci un’accoglienza migliore, viva la Georgia!