Sono le 6.30 di sabato mattina, sei viaggiatori in procinto di partire si agitano come formichine nell’appartamento di Peja. E’ l’alba, gli uccelli fuori cantano già da un’ora. Fito, il nostro fidato traduttore, sta per arrivare. Ci accompagnerà fino alla frontiera con la Repubblica di Macedonia. A tre ore da qui.
E poi… quattro lunghi giorni di viaggio… Grecia, Turchia, Georgia…
Arrivederci a Tbilisi.
Il collaudo
Vi giuriamo con tutta la buona volontà che non abbiamo capito come, partendo alle 9 del mattino da Nago, siamo riusciti ad arrivare a Prijedor a mezzanotte e mezza. Ci siamo dati numerose spiegazioni, alla fine abbiamo convenuto che forse avevamo sbagliato qualche previsione.
Or bene, in Bosnia ci siamo e la parola d’ordine di questo viaggio sarà: dogane… dogane… l’incubo ricorrente saranno le dogane; i più veloci stanno sulla mezzoretta, l’altra notte siamo rimasti sull’oretta di attesa per sdoganare i nostri preziosi materiali di scena.
Che dire, gli aneddoti sono tanti da raccontare; in foto ci vedete a Padova in una pausa, siamo in cinque è vero, ma Stefanone ci raggiunge in Kosovo; quello lì è il suo furgone, ops, camper meraviglioso: the red van. E’ in buone mani. Ti aspetta.
Quindi riassumendo: Prijedor nella notte è suggestiva, la signora Lijubica (mi perdoni gli errori di battitura) è straordinariamente deliziosa e ci ha sfamati all’una di notte con una cena degna di sultani. Al mattino il sole ci scalda, il fiume ha un’atmosfera magica, la campagna meravigliosa.
Sladja, dove sei???